Le mode sono sempre esistite e non è il caso di
farne un problema. Alcune sono allegre, festose, divertenti.
Altre sono noiose, monotone, deprimenti. Possono anche essere
perniciose quando si trasformano in manie e malanni
culturali. Ma esistono, è utile capirle ed è
inevitabile che qualcuno cerchi di approfittarne.
La moda per antonomasia, cioè quella
dellabbigliamento, è un mondo strano intriso di
monotona agiografia. Non cè mai unombra di critica.
Tutto è sempre meraviglioso, geniale, fantastico. La
più banale, insulsa e importabile delle
collezioni e sfilate è circondata da un coro di
melensa ammirazione. Capisco che si voglia rispettare una
categoria di imprese che dà un interessante contributo
alla nostra bilancia dei pagamenti (anche se molte
firme italiane sono ormai proprietà di
capitale straniero). Ma ciò non giustifica che tutto
ciò che riguarda la moda sia trattato come un idolo,
cui va tributata perenne prostrazione e riverenza, senza
alcuna possibilità di critica o indipendenza di opinioni.
Se si trattasse solo di vestiti, accessori, acconciature
e maquillage sarebbe solo un aspetto particolare della
società e del costume. Ma una concezione
modaiola ha preso il sopravvento su tutto,
compresa la politica, leconomia e linformazione.
E imperversa a proposito dellinternet come di tutti i
sistemi di comunicazione.
(Vedi La
carnevalizzazione dellinternet
e Il superfluo obbligatorio).
Non è un caso che in una recente conferenza alla
Fondazione Bassetti un serio e serioso economista, Richard
Nelson, abbia parlato di fashion spiegando che una
moda recente ha messo lenfasi su startup
frettolose, venture capital avventuriero e sfruttamento
esasperato di brevetti e proprietà intellettuali.
E che nella fase precedente erano altre, e più sensate,
le mode: qualità di ricerca e sviluppo,
collaborazione equilibrata fra imprese e mondo scientifico, rapporti di
lungo periodo con il personale, finanza stabile e solida, strategie durature.
La fase di esasperazione speculativa è
relativamente recente. È in atto da
più di ventanni, con una frenetica accelerazione alla
fine del secolo scorso. Ha investito un po tutti i settori
dimpresa, ma particolarmente (oltre a tutto ciò che
ha a che fare con la finanza) le biotecnologie, linformatica
e la comunicazione.
Abbiamo già visto alcune conseguenze della
moda speculativa ed è probabile che il
peggio debba ancora venire. Ma anche le altre
mode sono piene di trappole.
Può essere geniale (e profittevole)
coglierne qualcuna sul nascere o, meglio ancora, intuire una
tendenza nascente prima ancora che si sia manifestata.
Per esempio... non molti sanno che quando
Mary Quant, quarantanni fa, lanciò lidea della
minigonna, non aveva soltanto intuito che molte donne avevano
voglia di far vedere le gambe. Aveva anche approfittato di un
vantaggio fiscale. In Gran Bretagna labbigliamento infantile
era esente dalla purchase tax (non cera ancora liva) e
lesenzione ara basata sulla lunghezza del capo, non
sulletà (o la taglia) di chi lo indossava.
Ma seguire la moda è pericoloso.
Comunque non è una cosa facile. Si tratta di capire
quali tendenze hanno radici durature e quali sono soltanto la
fantasia di un momento e possono svanire improvvisamente
senza apparente motivo.
Uno dei problemi è la scriteriata amplificazione
delle mode da parte dei mass media. Spesso le
chiacchiere raggiungono la massima diffusione e
trionfalità proprio quando una tendenza sta per
estinguersi. Seguire passivamente le mode
è uno dei più rapidi e disastrosi percorsi
verso il fallimento (diceva più di duemila anni fa Sun
Zu: «la tattica senza strategia è il rumore che
precede la sconfitta»).
Per quanto riguarda linternet, non tento neppure di fare
un elenco delle ricette miracolose, o delle presunte tendenze
esponenziali, che qualche anno fa sembravano la
pietra filosofale e ora sono precipitate nel nulla (non senza
uno strascico di vittime e di delusioni). Né delle
nuove mode (in buona parte travestimenti di
vecchie) che ancora imperversano e faranno la stessa fine.
Anche una sintesi sommaria riempirebbe un intero numero di
questa rivista. E probabilmente prima che questa pagina sia
stampata ci sarà qualche nuova (o rifritta) formuletta
o pozione magica che salirà più o meno
precariamente allonore delle cronache.
Il rimedio è semplice. Non badare alle mode, non
credere nelle terminologie più o meno astruse, nelle
formule di rito, nelle prescrizioni generiche buone per
tutti e perciò utili a nessuno. Approfondire con
pazienza fatti e conoscenze, sperimentare con cura prima di
puntare su obiettivi troppo ambiziosi, seguire strategie semplici,
chiare, basate sulla realtà e sullesperienza.
Se dovessimo darci tutti un compito per le
vacanze, vorrei che fosse un bagno sereno e disteso
nella realtà dei fatti e delle relazioni umane. Per
uscirne con la profonda convinzione che non si finisce mai di
imparare e che ogni giorno abbiamo qualche occasione per
arricchire la nostra esperienza. Oggi, come sempre, questa
è la migliore scuola per trovare la strada del
successo. O, se labbiamo già trovata, per proseguire
senza cadere in qualche inaspettato precipizio né
lasciarci ingannare, al prossimo bivio, da qualche
segnaletica sbagliata o intenzionalmente deviante.